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Prima Che Fugga
Blake Pierce


Un Mistero di Mackenzie White #11
Da Blake Pierce, autore di successo del libro IL KILLER DELLA ROSA (un best-seller con più di 1200 recensioni da cinque stelle), è in arrivo il volume #11 della serie di gialli mozzafiato di Mackenzie White, PRIMA CHE FUGGA. PRIMA CHE FUGGA è il volume #11 nella serie dei misteri di Mackenzie White, che inizia con PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1), un best-seller con più di 500 recensioni! L’agente speciale dell’FBI Mackenzie White, al sesto mese di gravidanza, annulla la cerimonia di nozze con Ellington per scappare con lui e sposarsi in segreto. Durante la luna di miele, mentre finalmente si godono del tempo insieme, ricevono una chiamata per un caso urgente: un serial killer sta strangolando le donne nella zona di Washington, uccidendole ad un ritmo preoccupante. L’aspetto più inquietante è che l’omicida è talmente scrupoloso da non lasciarsi alle spalle nessuna traccia. Mackenzie elabora una teoria audace su chi potrebbe essere il colpevole, ma seguirla potrebbe mettere a repentaglio il suo lavoro – forse persino la sua vita. In quella che sembra essere la partita più difficile della sua carriera, Mackenzie si ritrova a lottare per proteggere il suo bambino e la sua sanità mentale da un diabolico psicopatico, dalla sua stessa organizzazione e da chi la vuole morta. Nonostante le sue capacità e il suo ingegno, potrebbe essere troppo tardi per salvare le prossime vittime – o per salvare se stessa. Thriller-noir psicologico dalla suspense mozzafiato, PRIMA CHE FUGGA è il libro #11 in una nuova, avvincente serie – con un nuovo, irresistibile personaggio – che vi terrà incollati alle pagine fino a tarda notte. Di Blake Pierce è anche disponibile il best-seller IL KILLER DELLA ROSA (Un Mistero di Riley Paige – Libro #1), con più di 1200 recensioni da cinque stelle, da scaricare gratuitamente!





Blake Pierce

PRIMA CHE FUGGA




Blake Pierce

Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAGE, che si compone di quindici libri (in corso). Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta da dodici libri (in corso); della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta da sei libri; della serie dei misteri di KERI LOCKE, composta da cinque libri; della serie di gialli GLI INIZI DI RILEY PAIGE, composta da tre libri (in corso); della serie dei misteri di KATE WISE, composta da tre libri (in corso); della serie dei thriller-psicologici di CHLOE FINE, composta da tre libri (in corso).

Avido lettore e appassionato da sempre di gialli e thriller, Blake riceve con piacere i vostri commenti, perciò non esitate a visitare la sua pagina www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com/) per saperne di più e restare in contatto con l’autore.



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LIBRI DI BLAKE PIERCE




UN’EMOZIONANTE SERIE PSICOLOGICA DI JESSIE HUNT


LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)


IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)


LA CASA PERFETTA (Libro #3)




L’EMOZIONANTE SERIE PSICOLOGICA DI CHLOE FINE


LA PORTA ACCANTO (Libro #1)


LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)


VICOLO CIECO (Libro #3)


SUN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)




I GIALLI DI KATE WISE


SE LEI SAPESSE (Libro #1)


SE LEI VEDESSE (Libro #2)


SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)




LA SERIE DEGLI INIZI DI RILEY PAIGE


LA PRIMA CACCIA (Libro #1)


IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)


ADESCAMENTO (Libro #3)


CATTURA (Libro #4)




LA SERIE DI GIALLI DI RILEY PAIGE


IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)


IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)


OSCURITГЂ PERVERSA (Libro #3)


IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)


KILLER PER CASO (Libro #5)


CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)


MORTE AL COLLEGE (Libro #7)


UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)


UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)


IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)


LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)


MORTE SUI BINARI (Libro #12)


MARITI NEL MIRINO (Libro #13)


IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)


IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)




LA SERIE DI GIALLI DI MACKENZIE WHITE


PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)


UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)


PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)


PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)


PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)


PRIMA CHE SENTA (Libro #6)


PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)


PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)


PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)


PRIMA CHE ANELI (Libro #10)


PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)


PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)




LA SERIE DI GIALLI DI AVERY BLACK


UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)


UNA RAGIONE PER CORRERE (Libro #2)


UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)


UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)




SERIE DI GIALLI DI KERI LOCKE


TRACCE DI MORTE (Libro #1)


TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)


TRACCE DI PECCATO (Libro #3)


TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)


TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)




PROLOGO


Christine aveva visto la neve soltanto un’altra volta in vita sua. Ecco perché, mentre andava a casa dopo essere stata dal suo ragazzo, sorrise appena iniziarono a scendere i primi fiocchi tutto intorno a lei. Se non avesse bevuto così tanto quella sera, forse se la sarebbe goduta di più. Aveva ventun anni, ma non riuscì a resistere e tirò fuori la lingua per catturare alcuni fiocchi, ridendo quando li sentì sciogliersi in bocca.

Ne aveva fatta di strada dalla sua casa a San Francisco… Si era trasferita a Queen Nash, nel Maryland, per concentrarsi sugli studi di Scienze Politiche. Le vacanze invernali stavano per giungere al termine, e Christine non vedeva l’ora di primeggiare nei corsi di primavera. Quella sera lei e Clark, il suo ragazzo, si erano trovati proprio per un ultimo festeggiamento prima dell’inizio del nuovo semestre. C’era stata una festicciola e Clark, come suo solito, aveva alzato un po’ troppo il gomito. Christine aveva deciso di tornare al suo appartamento, che distava solo tre isolati, a piedi, piuttosto che restare alla festa a respingere le avances degli amici di Clark sotto le occhiatacce delle loro fidanzate. Di solito era così che si concludevano le feste a casa di Clark, oppure Christine finiva per andare in camera con lui.

Tra l’altro… si sentiva trascurata. Sotto quell’aspetto, Clark era davvero pessimo, dando sempre la precedenza al lavoro, alla scuola o persino a ubriacarsi. Ad ogni modo, c’era un altro uomo che Christine avrebbe potuto chiamare una volta arrivata a casa. Certo, si era fatto tardi, ma lui le aveva fatto chiaramente capire che per lei sarebbe stato disponibile a qualunque ora. L’aveva già dimostrato, quindi perché avrebbe dovuto dire di no quella sera?

Mentre attraversava un incrocio tra due isolati, Christine notò che la neve si stava già posando sui marciapiedi. La perturbazione era stata prevista, perciò le strade erano già state cosparse di sale, ma la bianca coltre di neve si stava accumulando sui marciapiedi e sulle sottili strisce di erba tra un edificio e l’altro.

Una volta giunta alla sua palazzina, Christine fu tentata di tornare a casa di Clark. C’era freddo e la neve aveva suscitato in lei uno stupore quasi infantile. Mentre cercava le chiavi di casa, fece quasi per voltarsi e tornare indietro.

L’unica cosa che le fece cambiare idea fu che sapeva che non sarebbe riuscita a dormire bene, se fosse tornata da Clark. Invece nel suo appartamento la aspettavano il suo letto, calde coperte e otto ore di sonno.

Entrò nell’edificio e andò all’ascensore. Spinse il pulsante e aspettò che arrivasse. Non era ubriaca, soltanto un po’ alticcia, così accarezzò l’idea di bersi un altro bicchiere di vino e poi fare una telefonata… all’uomo che vedeva di nascosto da qualche mese.

Era a questo che pensava quando arrivò l’ascensore. Entrò e salì al piano del suo appartamento, godendosi la sensazione di leggerezza che le provocò il movimento.

Il corridoio era deserto, ma del resto era l’una passata di mercoledì, perciò era normale. Raggiunse la sua porta e cercò la chiave giusta, le dita ancora irrigidite per il freddo. In quel momento, una voce la fece saltare.

“Christine?”

Si voltò e sorrise vedendolo lì. Non avrebbe avuto bisogno di telefonargli, alla fine. Era come se avesse percepito che aveva bisogno di lui. Del resto era passata quasi una settimana.

“Ciao” gli disse.

Lui si avvicinò con passo deciso. La fissava con il suo solito sguardo infuocato, che esprimeva chiaramente cosa voleva da lei. Bastava quello sguardo a eccitarla. Quello, e chi era: un uomo off-limits. Era… ecco, era quasi pericoloso.

Erano ancora davanti alla porta, e praticamente si scontrarono. Il bacio era così impetuoso da essere quasi impacciato. Le mani di Christine iniziarono subito a esplorarlo. Afferrandolo per la cintola dei pantaloni, lo tirò a sé. Lui le percorse il corpo con una mano, per poi infilargliela tra le cosce mentre si aggrappavano l’uno all’altra lì nel corridoio.

“Dentro” riuscì ad ansimare Christine tra un bacio e l’altro. “Subito.”

Sbloccò la serratura mentre lui le mordicchiava il collo. Christine gemette, anticipando già quello che stavano per fare. Non sapeva nemmeno se sarebbero riusciti a raggiungere la camera da letto. Forse non sarebbero arrivati neanche al divano. Christine aprì la porta, e lui subito le ripiombò addosso, chiudendo l’uscio con un calcio. Christine si allontanò, appoggiandosi al bancone della cucina, e si sfilò la maglia. Gli piaceva quando si spogliava per lui. Era una specie di strana mania di controllo, che gli faceva sembrare che si sottomettesse a lui prima ancora di fare sesso.

Christine stava già per slacciare il gancetto del reggiseno quando lo guardò negli occhi… e si immobilizzò. Lui era fermo in piedi davanti a lei, e ogni residuo di passione era svanito dal suo sguardo, rimpiazzato da qualcos’altro. Qualcosa di nuovo… che la terrorizzava.

Lui inclinò la testa, come se la stesse studiando per la prima volta, poi le fu addosso. Era già stato brusco con lei, ma stavolta era diverso. Non c’era niente di sensuale. Premette tutto il proprio peso su di lei e le avvolse le mani intorno al collo. Non stava scherzando, la sua presa era feroce, e Christine si sentì subito schiacciare la trachea.

Ci vollero meno di dieci secondi perchГ© i suoi polmoni andassero nel panico. ProvГІ a colpirlo alla cieca, ma le gambe stavano per cederle.

Avvertiva una fortissima pressione al petto, come se una forza invisibile le stesse risucchiando tutta l’aria. Mentre cadeva a terra, sbatté con la testa sul bancone. Le mani di lui non si staccavano dal suo collo, anzi, la presa sembrava farsi sempre più forte, man mano che Christine si indeboliva.

Tentò di picchiarlo un’ultima volta, ma non capì neanche se lo avesse centrato. Appena toccò il pavimento, lui le fu addosso. Continuava a strozzarla, premendole contro il suo membro eccitato. Christine agitò le mani in cerca di un appiglio qualunque, ma trovò solo la maglia che si era appena tolta per lui.

Ebbe a malapena il tempo di chiedersi perché le stesse facendo questo, prima che l’oscurità calasse su di lei, alleviando quel terribile dolore al petto.




CAPITOLO UNO


Mackenzie era in piedi nel bagno, appoggiata al lavandino, intenta a fissare il gabinetto. Ultimamente l’aveva fissato parecchio, superando il primo trimestre di gravidanza in un modo che era quasi troppo da manuale. Le nausee mattutine si erano rivelate peggiori tra l’ottava e l’undicesima settimana, ma ancora adesso, a metà della quindicesima, erano brutte. Non ne soffriva più spesso come prima, ma quando arrivavano era terribile.

Quella mattina aveva già vomitato due volte, e il suo stomaco sembrava pronto per la terza. Tuttavia, dopo aver sorseggiato dell’acqua e aver fatto del proprio meglio per controllare il respiro mentre si reggeva al lavabo, sentì la terza ondata di nausea allontanarsi.

Mackenzie abbassò lo sguardo sul proprio ventre e posò una mano con fare amorevole sulla piccola protuberanza che si era manifestata nell’ultima settimana. “Piccolo, quello è il mio intestino, non un poggiapiedi.”

Andò alla porta del bagno e restò lì un momento in attesa, per essere certa di aver finito. Quando le sembrò di avere recuperato il controllo, andò all’armadio e iniziò a vestirsi. Sentiva Ellington armeggiare in cucina e, a giudicare dai rumori, immaginò che stesse preparando il caffè. Mackenzie avrebbe amato una tazza di caffè, ma il caso voleva che il caffè rientrasse tra gli alimenti sgraditi al bambino durante gli episodi di nausea.

Infilandosi i pantaloni, si accorse che le stavano leggermente piГ№ stretti. ImmaginГІ che nel giro di un mese avrebbe dovuto procurarsi degli abiti prГ©maman. E allora avrebbe anche dovuto rivelare al direttore McGrath di essere incinta. Finora non glielo aveva ancora detto perchГ© temeva la sua reazione. Non si sentiva ancora pronta per essere relegata dietro una scrivania, oppure a fare ricerche per qualche altro agente.

Ellington arrivò alla porta con la fronte aggrottata. In mano aveva effettivamente una tazza di caffè. “Ti senti un po’ meglio?” le chiese.

“Porta quel caffè lontano da me” disse. Aveva cercato di sembrare spiritosa, ma le era uscito più risentito di quel che intendesse.

“Allora, mia madre continua a chiamare chiedendomi perché ancora non abbiamo deciso dove celebrare il matrimonio.”

“Lo capisce, vero, che non è il suo matrimonio?” replicò Mackenzie.

“No, mi sa di no.”

Ellington uscì qualche secondo dalla stanza per mettere via il caffè, poi tornò da Mackenzie. Si mise in ginocchio e le baciò la pancia mentre lei sceglieva una camicia.

“Non vuoi ancora sapere se è maschio o femmina?”

“Non lo so. Per ora no, ma probabilmente cambierò idea.”

Ellington sollevò la testa per guardarla. In quella posizione sembrava un bambino che cercava l’approvazione del genitore. “Quando hai intenzione di dirlo a McGrath?”

“Non lo so” ripeté Mackenzie. Si sentiva sciocca a restarsene lì in piedi mezza svestita con Ellington che poggiava la guancia al suo ventre. Allo stesso tempo, però, le fece capire che era lì per lei. Le aveva chiesto di sposarlo prima del bambino e, di fronte ad una gravidanza inaspettata, le era rimasto accanto. Pensare che era l’uomo con cui avrebbe passato il resto della sua vita la faceva sentire tranquilla e contenta.

“Temi che ti metterà in panchina?” le chiese.

“Già. Ma tra una o due settimane non credo che riuscirò a nascondere la pancia.”

Ellington rise e le baciò ancora una volta il ventre. “È una pancia davvero sexy.”

Riprese a baciarla, con fare languido. Mackenzie ridacchiò e si allontanò scherzosamente. “Non abbiamo tempo per quello, abbiamo del lavoro da fare. E, se tua madre non chiude la bocca, anche un matrimonio da organizzare.”

Avevano visto alcune location e avevano anche iniziato a informarsi sui servizi di catering per il piccolo ricevimento che avevano intenzione di dare. Ma nessuno dei due riusciva a entrare appieno nei preparativi. Stavano scoprendo di avere molto in comune: un’avversione per lo sfarzo, paura di avere a che fare con l’organizzazione e la tendenza a mettere il lavoro prima di ogni altra cosa.

Mentre finiva di vestirsi, Mackenzie si domandò se stesse in qualche modo privando Ellington dell’esperienza. La sua mancanza di entusiasmo nell’organizzare il matrimonio gli dava forse l’idea che non le importasse? Sperava di no, perché non era affatto così.

“Ehi, Mac.”

Mackenzie si voltò mentre iniziava ad abbottonarsi la camicia. La nausea era quasi completamente passata, portandola a credere di riuscire ad affrontare la giornata senza altri incidenti. “Che c’è?”

“Non organizziamolo. Nessuno di noi due vuole. E tanto, nessuno di noi due vuole un matrimonio in grande. L’unica a rimanerci male sarebbe mia madre e, a dire il vero, credo che mi piacerebbe.”

Un sorriso le si allargГІ sul volto, ma cercГІ di trattenerlo. Anche a lei sarebbe piaciuto.

“Credo di aver capito cosa vuoi dire, ma per essere sicura voglio che tu lo dica esplicitamente.”

Ellington le prese le mani nelle sue. “Sto dicendo che non voglio organizzare le nozze e non voglio più aspettare per sposarci. Sposiamoci di nascosto.”

Si capiva che non scherzava perché la voce gli si era incrinata a metà frase. Eppure… sembrava troppo bello per essere vero.

“Dici sul serio? Non lo stai dicendo solo perché…”

Mackenzie non riuscì a finire di formulare la domanda, così si guardò il ventre.

“Ti giuro che non è solo per quello” disse Ellington. “Anche se sono emozionato di crescere e potenzialmente rovinare un bambino con te, è quello che voglio adesso.”

“Già, mi sa che lo travieremo per bene questo bambino, eh?”

“Non di proposito.” La tirò a sé abbracciandola, poi le sussurrò in un orecchio e sentire la sua voce così vicina la fece sentire ancora una volta contenta e a suo agio. “Dico sul serio. Fuggiamo e sposiamoci di nascosto.”

Mackenzie annuì e si staccò da lui. Quando furono di nuovo faccia a faccia, entrambi avevano gli occhi lucidi.

“D’accordo…” disse Mackenzie.

“Bene, d’accordo” disse lui eccitato. Si chinò verso di lei, la baciò e disse: “Allora, adesso che facciamo? Accidenti, mi sa che anche così ci sarà comunque qualcosa da organizzare.”

“Immagino che dovremo chiamare il tribunale per fissare un appuntamento” disse Mackenzie. “E uno di noi due dovrà chiedere a McGrath un permesso per la cerimonia. Non io!”

“Maledetta” scherzò Ellington. “Va bene, lo chiamo io.”

Prese il cellulare, come per chiamarlo in quello stesso istante, poi però se lo rimise in tasca. “Forse questa è una conversazione che dovrei avere faccia a faccia con lui.”

Mackenzie annuì e finì di allacciarsi la camicia con mani tremanti. Lo faremo, pensò. Stiamo davvero per farlo…

Si sentiva emozionata, nervosa ed euforica, ed ogni emozione si agitava contemporaneamente dentro di lei. Reagì nell’unico modo che poté, ovvero andando da Ellington e abbracciandolo. Mentre si baciavano, le ci vollero appena tre secondi per decidere che forse ce l’avevano un po’ di tempo per fare quello che lui aveva iniziato poco prima.


***

La cerimonia si tenne due giorni dopo, il mercoledì pomeriggio. Durò meno di dieci minuti, e si concluse con lo scambio degli anelli che Mackenzie ed Ellington avevano scelto insieme il giorno prima. Il tutto fu così semplice e privo di preoccupazioni che Mackenzie si domandò perché mai le donne si sottoponessero a quell’inferno che erano i preparativi nunziali.

Poiché era necessario almeno un testimone, Mackenzie aveva invitato l’agente Yardley. Non erano mai state amiche, ma era una brava agente e, di conseguenza, una persona di cui Mackenzie si fidava. Fu proprio nel chiedere a Yardley di farle da testimone che Mackenzie ancora una volta rammentò di non avere amici. Ellington era la persona che più si avvicinava a quella definizione e, per quel che la riguardava, era più che sufficiente.

Quando Mackenzie ed Ellington furono nell’atrio del tribunale, Yardley fece loro un breve discorso porgendo i propri auguri, quindi si affrettò ad uscire.

Mackenzie la osservò allontanarsi, chiedendosi perché avesse tanta fretta. “Non dico che sia stata maleducata, ma sembrava che non vedesse l’ora di andarsene” commentò.

“È perché ho parlato con lei prima della cerimonia” rispose Ellington. “Le ho detto di levarsi dai piedi appena finito.”

“Che maleducato. Ma perché?”

“Perché ho convinto McGrath a concederci fino al prossimo lunedì. Ho impiegato tutto il tempo e lo stress che avrei dedicato ai preparativi per le nozze per programmare la luna di miele.”

“Che? Mi prendi in giro?”

Lui scosse la testa in segno negativo. Mackenzie lo avvolse in un abbraccio, non ricordando un altro momento in cui si era sentita tanto felice. Le sembrava di essere una bambina che aveva ricevuto tutto quello che desiderava a Natale.

“Ma quando ci sei riuscito?”

“Per lo più in orario di lavoro” disse con un sorrisino. “Adesso sbrighiamoci. Dobbiamo fare sesso e le valigie. Il nostro aereo per l’Islanda parte tra quattro ore.”

Quella destinazione in un primo momento le parve strana, poi però ricordò la conversazione sulla lista delle cose da fare che avevano avuto quando lei aveva scoperto di essere incinta. Cose che avrebbero voluto fare prima di mettere al mondo un figlio. Una delle proposte di Mackenzie era fare campeggio sotto l’aurora boreale.

“Ok, allora andiamo. Anche perché, per come mi sento in questo momento e visto quello che ho intenzione di fare con te appena siamo a casa, non so se ce la faremo ad arrivare in aeroporto in tempo.”

“Agli ordini, signora” disse lui affrettandosi verso l’uscita. “Ma ho una domanda.”

“E sarebbe?”

Fece un sorrisetto e le chiese: “Adesso posso chiamarti signora Ellington?”

Il cuore di Mackenzie le sobbalzò in petto. “Immagino di sì” disse. Poi lei ed Ellington uscirono dalla porta, entrando nel mondo per la prima volta come coppia sposata.




CAPITOLO DUE


Uccidere non era stato affatto come si era aspettato. Credeva che ci sarebbe stata una fase di che cosa ho fatto? Magari un momento di enorme senso di colpa per aver in qualche modo stravolto la vita di un’intera famiglia. Invece non c’era stato nulla di tutto ciò. L’unica cosa che aveva provato dopo gli omicidi – dopo aver ucciso entrambe le sue vittime – era un opprimente senso di paranoia.

E anche, ad essere onesti, di gioia.

Forse era stato uno stupido ad affrontare tutto in modo così casuale. Si era sorpreso di quanto gli fosse sembrato normale. L’idea l’aveva terrorizzato, almeno fino a quando non aveva stretto il loro collo nelle sue mani – stringendo con forza e rubando la vita da quei bellissimi corpi. La parte migliore era stata vedere la luce nei loro occhi spegnersi. Era stato inaspettatamente erotico, la cosa più vulnerabile a cui avesse mai assistito.

La paranoia, invece, era peggio di quanto avesse immaginato. Non era riuscito a dormire per tre giorni, dopo aver ucciso la prima. Con la seconda, invece, si era preparato. Un paio di bicchieri di vino rosso e un sonnifero subito dopo l’omicidio e aveva dormito a meraviglia.

L’altra cosa che lo infastidiva era quanto fosse stato difficile abbandonare la scena del crimine la seconda volta. Il modo in cui era caduta, il modo in cui la vita era scivolata via dai suoi occhi in un istante… gli aveva fatto desiderare di restare lì a fissare i suoi occhi appena morti per vedere quali segreti celassero. Non aveva mai provato impulsi del genere prima, anche se, a dire il vero, fino a un anno prima non si sarebbe nemmeno mai sognato di uccidere qualcuno. A quanto pareva, oltre ai gusti, poteva capitare di cambiare anche valori morali.

Rifletteva su questo seduto davanti al camino. La casa era avvolta nel silenzio piГ№ totale, al punto che poteva sentire il rumore delle proprie dita che si muovevano sul calice di vino. Bevve un sorso di vino rosso osservando il fuoco scoppiettare.

Г€ questa la tua vita, adesso, si disse. Hai ucciso non una, ma due persone. Certo, era necessario. Hai dovuto farlo, altrimenti per te sarebbe finita. Anche se tecnicamente quelle ragazze non meritavano di morire, ГЁ stato necessario.

Se lo ripeté più e più volte. Solo così era riuscito a non farsi schiacciare dal senso di colpa. Forse era questo che aveva dato modo alla paranoia di prendere il sopravvento.

Si aspettava che da un momento all’altro la polizia bussasse alla sua porta. O magari una squadra speciale, con tanto di ariete da sfondamento. E la cosa peggiore era che sapeva di meritarselo. Non si illudeva di farla franca. Immaginava che un giorno la verità sarebbe venuta fuori. Era così che andava il mondo, ormai. Non esisteva più la privacy, non potevi vivere la vita che ti eri scelto.

Perciò, quando fosse giunto il momento, era sicuro che avrebbe saputo affrontare il suo destino come un uomo. L’unica questione che rimaneva era: quante ancora ne avrebbe dovute uccidere? Una piccola parte di lui lo implorava di smettere, tentando di convincerlo che il suo lavoro fosse concluso, che non dovesse più morire nessun altro.

Ma lui era convinto che non fosse così.

E il peggio era che la prospettiva di uscire e uccidere di nuovo suscitava in lui un’eccitazione che divampava ardente come il fuoco che aveva davanti.




CAPITOLO TRE


Si rendeva perfettamente conto che era semplicemente dovuto al cambiamento di scena, ma il sesso nella selvaggia natura islandese, proprio sotto il maestoso vorticare dell’aurora boreale, era fenomenale. La prima notte, dopo che lei ed Ellington avevano concluso i festeggiamenti, Mackenzie aveva dormito bene come non le capitava da parecchio tempo. Si era addormentata felice, fisicamente appagata e con la sensazione di una vita che cresceva dentro di sé.

Il mattino seguente si svegliarono e bevvero un caffè amarissimo davanti ad un piccolo falò nell’accampamento. Si trovavano nella parte nord-orientale del paese, a circa dodici chilometri dal Lago Mývatn, e Mackenzie aveva l’impressione che fossero le uniche due persone sulla faccia della Terra.

“Che ne diresti di mangiare del pesce per colazione?” chiese Ellington di punto in bianco.

“Direi che vanno bene fiocchi d’avena e caffè” rispose.

“Il lago è a soli dodici chilometri da qui. Potrei pescare un paio di pesci, così mangeremmo un vero pasto da campeggio.”

“Sai pescare?” fece lei, sorpresa.

“Prima ci andavo spesso” disse lui. Negli occhi aveva uno sguardo distante, che Mackenzie ormai sapeva significare che quello di cui stava parlando faceva parte del suo passato, probabilmente legato al suo primo matrimonio.

“Questa la voglio proprio vedere” disse Mackenzie.

“È scetticismo che sento nella tua voce?”

Mackenzie non disse altro, alzandosi e raggiungendo il fuoristrada che avevano preso a noleggio. “Il pesce mi sembra un’ottima idea” disse infine.

Salirono in macchina e si avviarono diretti al lago. Mackenzie ammirò gli spazi immensi e i fiordi; il paesaggio pareva uscito da una fiaba. Tutto in netto contrasto con il trambusto di Washington, a cui ormai aveva fatto l’abitudine. Si voltò a guardare Ellington, che era al volante. Aveva un aspetto meravigliosamente rude, con i capelli ancora scompigliati per aver passato la notte nella tenda. Quella sera avevano in programma di prendere una stanza in un piccolo hotel, in primo luogo per potersi fare una doccia prima di tornare all’accampamento, ma Mackenzie doveva ammettere che vederlo così poco curato aveva un che di affascinante. Vederlo così, in qualche modo, le rendeva molto più semplice immaginare di passare il resto della vita insieme a lui.

Venti minuti dopo avevano raggiunto il lago, ed Ellington era seduto su un vecchio molo traballante con in mano una canna da pesca presa a noleggio. Mackenzie si limitò a osservarlo, scambiando con lui solo poche parole. Le piaceva vederlo fare qualcosa che non si sarebbe mai nemmeno immaginata potesse fare con piacere. Questo le fece realizzare che c’era ancora così tanto su di lui da scoprire, e quel pensiero era preoccupante, dato che era l’uomo che aveva sposato appena due giorni prima.

Quando prese il primo pesce, Mackenzie si stupì molto. Quando i pesci nel secchio furono tre, fu altrettanto stupita di scoprirsi attratta da quel lato di lui. Si domandò quali altre attività all’aperto in cui Ellington se la cavava le avesse nascosto.

Tornarono al campeggio, con la Jeep impregnata dell’odore dei tre pesci che sarebbero diventati la loro colazione. Una volta a destinazione, Mackenzie constatò che la sua bravura si fermava a tirare fuori i pesci dall’acqua. Quando si trattava di pulirli era un po’ impacciato. Anche se alla fine riuscirono a gustarsi quel pesce delizioso, era ridotto quasi a brandelli.

Fecero il programma per la giornata, che includeva andare a cavallo, visitare le cascate e raggiungere un piccolo albergo appena fuori ReykjavГ­c per farsi una doccia e consumare un pasto decente, prima di tornare nella magnifica campagna dove erano accampati per la notte.

Le pareva tutto un sogno, ma al tempo stesso un modo molto intenso di iniziare la loro vita insieme. C’erano momenti, quando lo teneva stretto a sé o lo baciava sotto quel paesaggio incredibile, che sapeva avrebbe ricordato per tutta la vita, magari fino al suo ultimo respiro. Non si era mai sentita così felice in vita sua.

Tornarono al campeggio, dove riattizzarono il falГІ. Puliti e con lo stomaco pieno, si ritirarono nella tenda e passarono una lunghissima notte.


***

Quando mancavano soltanto due giorni alla fine della luna di miele, fecero una visita guidata privata dei ghiacciai nel Cerchio d’Oro. Fu l’unica giornata in cui Mackenzie soffrì di nausee mattutine, così dovette rinunciare a scalare il ghiacciaio. Tuttavia, restò ad osservare Ellington affrontare l’impresa. Le piaceva vederlo carico come un bambino, impaziente di dimostrare di potercela fare. Era un aspetto di lui che aveva intravisto altre volte, ma mai così bene come adesso. In quel momento realizzò che non avevano mai passato così tanto tempo insieme al di fuori del lavoro. Era una specie di piccolo paradiso e le fece capire di amarlo tantissimo.

Mentre Ellington e la guida iniziavano la discesa, Mackenzie sentì il cellulare vibrarle in tasca. Da quando erano saliti sull’aereo, entrambi avevano tolto il volume della suoneria ai cellulari ma, visto il loro lavoro, non avevano potuto spegnerli completamente. Per tenersi occupata mentre aspettava che Ellington scendesse, prese il telefonino e controllò chi fosse.

Quando vide sul display il nome di McGrath, il cuore le sprofondò. Negli ultimi giorni si era sentita al settimo cielo, ma vedendo quel nome ebbe l’impressione che tutto sarebbe presto finito.

“Pronto, qui agente White” rispose, per poi pensare subito: Maledizione… ho perso la mia prima occasione di chiamarmi agente Ellington.

“Sono McGrath. Allora, com’è l’Islanda?”

“Bella” rispose. Poi, senza curarsi di mostrarsi vulnerabile con il capo, aggiunse. “Fantastica, davvero stupenda.”

“Allora sono sicuro che mi odierete per questa telefonata.”

Quando le rivelГІ il motivo della chiamata, Mackenzie pensГІ che aveva pienamente ragione. Una volta chiusa la comunicazione, era effettivamente arrabbiata con lui.

Il suo presentimento si era rivelato corretto. Così, all’improvviso, la loro luna di miele era finita.




CAPITOLO QUATTRO


La transizione era stata piuttosto semplice. Tutto quello scapicollarsi per prendere il primo volo notturno per Washington aveva fatto gradualmente svanire la magia della luna di miele, riproiettandoli nella vita reale. Mackenzie, tuttavia, constatò soddisfatta di avvertire ancora un po’ di quella magia tra di loro, soprattutto quando realizzò che, anche se adesso erano tornati negli USA ed erano di nuovo al lavoro, erano ancora sposati. Certo, l’Islanda era stata magica, ma non era stato l’unico elemento a legarli in quei pochi giorni.

Quello che invece non si sarebbe aspettata fu quanto distintamente avvertisse la fede nunziale che portava al dito mentre lei ed Ellington entravano nell’ufficio di McGrath, appena quattordici ore dopo che quest’ultimo aveva interrotto la loro luna di miele. Non era così ingenua da pensare di essere una persona completamente diversa, adesso; tuttavia, lo considerava un segnale del fatto che fosse cambiata, che fosse in grado di crescere. E se si poteva dire della sua vita privata, perché non anche della sua vita lavorativa?

Magari sarà così dopo che avrai detto al tuo superiore che sei incinta di quindici settimane, si rammentò.

Con quel pensiero in mente, realizzò anche che il caso per cui erano stati chiamati sarebbe probabilmente stato l’ultimo prima di dover rivelare della gravidanza – nonostante il pensiero di dare la caccia a un assassino con un bambino in grembo la facesse sorridere.

“Vi ringrazio per essere arrivati tanto alla svelta” esordì McGrath. “E voglio inoltre congratularmi con voi per le nozze. Naturalmente, non mi piace l’idea di una coppia sposata che lavora insieme, ma voglio che questo caso sia risolto il prima possibile, perché in caso contrario potrebbe scatenare il panico in un campus universitario. E sappiamo che è innegabile che voi due lavorate bene insieme, perciò eccoci qui.”

Ellington si voltò verso di lei sorridendo per quel commento. Mackenzie si sentiva quasi disarmata per l’intensità di quello che provava per lui. Era una bella cosa, ma la metteva anche leggermente a disagio.

“L’ultima vittima è una studentessa del secondo anno alla Queen Nash University di Baltimora. Christine Lynch. È stata uccisa nella cucina di casa sua, a tarda sera. Non aveva indosso la maglietta, che è stata trovata sul pavimento. È palese che è stata strangolata. Da quanto ho appreso, non c’erano impronte digitali sul collo, il che indica che l’assassino portava dei guanti.”

“Perciò si tratta di omicidio premeditato, non colposo” commentò Mackenzie.

McGrath annuì e passò loro tre fotografie della scena del crimine. Christine Lynch era un’attraente ragazza bionda e nelle foto aveva il viso rivolto verso destra. Era truccata e, come aveva anticipato McGrath, era senza maglietta. Sulla spalla spiccava un piccolo tatuaggio, che Mackenzie identificò come un passero. L’uccellino sembrava guardare in alto, verso la zona dove iniziava il livido intorno al collo della ragazza, chiaramente visibile persino in foto.

“La prima vittima” proseguì McGrath aprendo un’altra cartellina, “è una ventunenne di nome Jo Haley. Anche lei studentessa alla Queen Nash. È stata trovata nella sua stanza, a letto e completamente nuda. Il corpo era rimasto lì per almeno tre giorni, prima che la madre contattasse allarmata la polizia. Anche sul suo collo c’erano segni di strangolamento, seppur non feroci come quelli su Christine Lynch. La Scientifica ha trovato tracce di attività sessuale poco prima della morte, incluso un incarto vuoto di preservativo.”

PassГІ loro le foto della scena del crimine, che ritraevano Jo Haley e le ecchimosi sul collo. Anche lei, come Christine Lynch, era piuttosto attraente. Inoltre, era molto magra e minuta.

“Perciò l’unico elemento concreto che abbiamo è che due ragazze carine della Queen Nash sono state uccise durante o subito dopo un rapporto sessuale?” riassunse Mackenzie.

“Esatto” confermò McGrath. “Data la presunta ora della morte di Jo Haley, calcolata dal medico legale, sono state uccise a meno di cinque giorni l’una dall’altra.”

“Sappiamo i movimenti delle vittime la notte in cui sono state uccise?” chiese Mackenzie.

“No, non abbiamo nulla di certo. Però sappiamo che Christine Lynch è stata vista nell’appartamento del suo ragazzo fino all’una di notte di mercoledì. Il suo cadavere è stato scoperto dal ragazzo il giorno dopo, quando è andato da lei al suo appartamento.”

Ellington studiò l’ultima fotografia, poi le restituì a McGrath. “Signore, con tutto il rispetto, adesso che sono un uomo sposato non posso più andare su un campus universitario e avvicinare giovani ragazze.”

McGrath alzò gli occhi al cielo e guardò Mackenzie. “Buona fortuna con lui” disse indicando Ellington con un cenno. “Scherzi a parte… Voglio il caso chiuso il prima possibile. Le vacanze invernali finiranno la prossima settimana e non voglio che si scateni il panico tra gli studenti quando torneranno al campus.”

Come se qualcuno avesse premuto un interruttore della personalità, Ellington tornò ai modi professionali. “Prendo i dossier del caso e ci mettiamo subito al lavoro.”

“Grazie. E dico sul serio… godetevi questo caso come partner. Non credo sia una buona idea che continuiate a lavorare insieme, adesso che siete sposati. Potete considerare questo caso come il mio regalo di nozze.”

Mackenzie, incapace di trattenersi, disse: “Ecco, signore, avrei preferito di gran lunga una caffettiera.”

Quasi incredula, vide il lampo di un sorriso increspare le labbra di McGrath, che subito si ricompose. Mackenzie ed Ellington uscirono dal suo ufficio con il loro primo caso come marito e moglie e, di conseguenza, il loro ultimo caso come partner.




CAPITOLO CINQUE


Seguendo l’abituale metodo di Mackenzie, iniziarono dalla scena del crimine più recente. Era come osservare un cadavere ancora caldo che, rispetto ad uno ormai freddo da tempo, avrebbe potuto avere molti più indizi da offrire. Durante il viaggio in auto verso il Maryland, Mackenzie aveva letto ad alta voce i documenti del caso, mentre Ellington era impegnato alla guida.

Una volta giunti all’appartamento di Christine a Baltimora, furono accolti dal vicesceriffo del dipartimento locale di polizia. Era un uomo in là con gli anni, probabilmente prossimo alla pensione e a cui venivano affidati casi simili.

“Piacere di conoscervi” disse stringendo loro la mano con un’allegria che lo rendeva quasi antipatico. “Sono il vicesceriffo Wheeler. Si può dire che abbia supervisionato io il caso.”

“Agenti White ed Ellington” disse Mackenzie, accorgendosi ancora una volta di non sapere bene come riferirsi a se stessa. Era qualcosa di cui lei ed Ellington non avevano ancora parlato, nonostante sul certificato di matrimonio comparisse come Mackenzie Ellington.

“Cosa ci può dire dal suo punto di vista?” chiese Ellington mentre entravano nell’appartamento di Christine Lynch.

“Ecco, io e il mio collega siamo arrivati qui e siamo entrati insieme al ragazzo della vittima. Lei era proprio lì, sul pavimento della cucina. La maglia era per terra di fianco a lei. Aveva ancora gli occhi aperti. Era chiaro che fosse morta strangolata e non c’erano segni di colluttazione.”

“Nevicava la notte in cui è successo” disse Ellington. “Non c’erano orme bagnate nel corridoio?”

“No. Da quanto abbiamo appreso, il suo ragazzo è venuto qui solo il pomeriggio seguente. Da quando è stata uccisa a quando l’ha trovata devono essere passate tra le dieci e le sedici ore.”

“Perciò era una scena pulita?” chiese Mackenzie.

“Già. Niente indizi, come orme bagnate o simili. Niente di rilevante.”

Mackenzie ripensò a quanto aveva letto nel dossier, in particolare una nota piuttosto personale che il medico legale aveva aggiunto non più di sei ore prima. Nel togliere le mutandine di Christine per preparare il cadavere all’autopsia, erano stati trovati segni di eccitazione sessuale. Naturalmente poteva essere il risultato della serata passata con il ragazzo. Ma se si aggiungeva che era stata trovata in cucina senza maglia… faceva pensare che forse si fosse vista con qualcun altro, dopo aver lasciato l’appartamento del ragazzo. Forse non avevano voluto perdere tempo per andare in camera da letto.

“La polizia ha già fatto richiesta di visionare i filmati delle telecamere di sicurezza?” domandò Mackenzie. “Ne ho notate almeno due sulla fiancata dell’edificio, quando siamo arrivati.”

“Se ne sta già occupando qualcuno” disse Wheeler. “Secondo l’ultimo aggiornamento che ho ricevuto, più o meno un paio d’ore fa, nei filmati non c’è niente di rilevante. Se volete, però, potete visionarli anche voi.”

“Forse lo faremo” disse Mackenzie uscendo dalla cucina ed entrando nel soggiorno.

Christine aveva condotto una vita ordinata. I volumi nella piccola libreria sulla destra erano ordinatamente impilati e disposti in ordine alfabetico; per lo più si trattava di biografie e libri di testo di scienze politiche. Sui tavolini ai lati del divano e appese alle pareti c’erano delle fotografie. Quasi tutte ritraevano Christine insieme a una donna che era evidente fosse la madre.

Si spostò nella camera da letto e si mise a dare un’occhiata in giro. Il letto era fatto e la stanza era ordinata come il soggiorno. Gli unici oggetti sparsi sul comodino e sulla scrivania rivelavano ben poco: penne, qualche moneta, il caricabatterie di un iPhone, l’opuscolo di un esponente politico locale e un bicchiere con un dito d’acqua rimasto all’interno. Era chiaro che non fosse successo niente in quella stanza la notte in cui Christine era morta.

Questo faceva nascere molte domande e molte conclusioni, su cui Mackenzie ragionГІ mentre tornava in cucina.

Qualcuno è venuto qui da lei dopo che è tornata dall’appartamento del suo ragazzo. Lei lo aspettava o è stata una sorpresa?

Il fatto che il cadavere sia stato trovato dentro casa e fosse senza maglia probabilmente significa che, a prescindere da questo, ha invitato l’assassino ad entrare. L’ha invitato senza avere idea di essere in pericolo?

In cucina vide che Ellington stava prendendo appunti mentre parlava con il vicesceriffo Wheeler. Quando la vide, si scambiarono un cenno del capo. Era uno dei molti modi in cui avevano imparato a coordinarsi sul lavoro – un linguaggio non verbale che risparmiava interruzioni e momenti imbarazzanti.

“Bene, vicesceriffo Wheeler, direi che abbiamo concluso qui” disse Ellington. “Per caso si è occupato lei anche dell’omicidio di Jo Haley, pochi giorni fa?”

“No, ma conosco abbastanza dettagli da potervi aiutare, se avrete bisogno di me.”

“Perfetto, in quel caso la contatteremo.”

Wheeler sembrò soddisfatto e rivolse loro un gran sorriso mentre uscivano dall’appartamento di Christine Lynch. Una volta fuori, Mackenzie osservò il marciapiede, dove non c’era quasi traccia che fosse nevicato. Fece un sorrisetto tirato nel realizzare che, probabilmente, mentre quella povera ragazza veniva uccisa lei ed Ellington si stavano preparando al matrimonio.

Christine Lynch non avrà mai il privilegio di sposarsi, pensò Mackenzie con una fitta di dispiacere per la vittima. Il dispiacere si intensificò quando realizzò che c’era un’altra gioia femminile che non avrebbe mai sperimentato.

Avvolta dalla tristezza, Mackenzie si posò una mano sul ventre appena sporgente, come a voler proteggere quello che c’era all’interno.


***

Dopo una chiamata al Bureau, Mackenzie ed Ellington scoprirono che anche il ragazzo di Christine studiava alla Queen Nash. Aveva un impiego part-time in un ufficio di sanità pubblica, per fare pratica per la futura carriera che lo attendeva dopo la laurea. Non fu al lavoro che lo trovarono, bensì al suo appartamento; a quanto pareva, aveva preso la perdita di Christine molto peggio di un tipico fidanzatino universitario.

Quando arrivarono al suo appartamento, Clark Manners era intento a pulire casa, nonostante fosse già linda. Era evidente che non dormisse bene da un po’; aveva lo sguardo annebbiato e camminava come spinto da una forza invisibile. Ciononostante, sembrò entusiasta di farli entrare, impaziente di scoprire cosa fosse successo.

“Sentite, non sono stupido” disse mentre si accomodavano nel soggiorno immacolato. “Chiunque sia stato a ucciderla… aveva intenzione di violentarla, no? Per questo era senza maglia, no?”

Mackenzie si era chiesta la stessa cosa, ma le foto della scena del crimine raccontavano un’altra storia. Cadendo a terra, Christine era finita sulla maglia. Questo faceva pensare che fosse stata tolta senza difficoltà e lasciata cadere sul pavimento. Mackenzie avrebbe scommesso che fosse stata la stessa Christine a togliersela per l’uomo che aveva fatto entrare in casa – e che poi l’avrebbe uccisa. Inoltre… Mackenzie non era tanto sicura che l’assassino avesse intenzione di stuprarla. Se fosse stata quella la sua intenzione, avrebbe potuto farlo. No… Mackenzie credeva che fosse andato da lei con il chiaro intento di ucciderla e basta.

Ma non c’era motivo che il povero Clark lo sapesse.

“È troppo presto per dirlo” disse invece Mackenzie. “La cosa potrebbe essere andata in vari modi. Speravamo che forse lei avrebbe potuto fornirci qualche elemento utile per capire cosa sia successo.”

“Ma certo, ma certo” disse Clark. Aveva chiaramente bisogno di riposo e di meno caffè. “Farò tutto ciò che posso.”

“Ci può descrivere la sua relazione con Christine?” chiese Ellington.

“Stavamo insieme da circa sette mesi. Lei era la prima vera ragazza che io abbia avuto – la prima che sia durata più di due o tre mesi. La amavo… l’ho capito dopo il primo mese.”

“Eravate già arrivati ad avere rapporti fisici?” chiese Mackenzie.

Clark annuì con espressione distante. “Sì, ci siamo arrivati abbastanza in fretta.”

“La notte in cui è stata uccisa” riprese Mackenzie “a quanto ho capito era appena tornata dopo essere stata qui, nel suo appartamento. Si fermava spesso a dormire qui?”

“Sì, un paio di volte a settimane. A volte anch’io mi fermavo da lei. Proprio un paio di settimane fa mi aveva dato le chiavi dell’appartamento, per passare quando volevo. Ecco come ho fatto a entrare… quando l’ho trovata…”

“Perché quella notte non è rimasta a dormire qui?” volle sapere Ellington. “Era tardi quando se n’è andata. Avevate litigato?”

“No, cielo, no. Praticamente non litigavamo mai. No… avevamo tutti bevuto e io avevo davvero esagerato. Le ho dato il bacio della buonanotte quando era ancora qui con alcuni miei amici, poi visto che mi sentivo male sono andato a letto e sono crollato. Ero sicuro che sarebbe rimasta, invece quando la mattina dopo mi sono svegliato, lei non c’era.”

“Crede che qualcuno dei suoi amici potrebbe averle dato un passaggio?” chiese Mackenzie.

“L’ho chiesto a tutti, ma dicono di no. Si erano offerti, ma Christine ha rifiutato. In fondo abitiamo a soli tre isolati di distanza e a lei piace il freddo… le piace camminare all’aria aperta. Lei è della California, quindi la neve è quasi magica per lei, sapete? Ricordo persino… che quella sera era eccitata perché le previsioni davano neve. Aveva anche scherzato dicendo di voler andare a fare una passeggiata sotto la neve.”

“Quante persone c’erano qui, quella sera?”

“Compresa Christine, eravamo in sei. Per quel che so, se ne sono andati tutti poco dopo di lei.”

“Ci può fornire i loro nomi e recapiti?” chiese Ellington.

“Certamente” disse Clark recuperando il cellulare e cercando i contatti.

“Le capita spesso di avere gente in casa una sera infrasettimanale?” chiese Mackenzie.

“No. Ci eravamo trovati per una specie di ultimo festeggiamento prima della fine delle vacanze invernali. Le lezioni riprendono la settimana prossima. Tra gli impegni di lavoro e in famiglia, quella era l’unica sera in cui potevamo riunirci.”

“Christine aveva altri amici al di fuori di questo gruppo?”

“Alcuni, ma era un’introversa. Per lo più usciva con me e un paio dei miei amici, ma questo è quanto. Inoltre lei e sua madre erano molto unite. Credo che sua madre avesse in programma di venire qui prima della fine del semestre – nel senso che voleva proprio trasferirsi.”

“Ha parlato con la madre da quando è successo?”

“Sì, ed è stato parecchio strano, perché è stata la prima volta che ho parlato con lei. L’ho aiutata con…”

In quella si interruppe e, per la prima volta, i suoi occhi stanchi si velarono di lacrime.

“…con i preparativi per il funerale. La farà cremare qui in città, credo. È arrivata l’altra sera e alloggia in albergo.”

“C’è qualche familiare insieme a lei?” si informò Mackenzie.

“Non saprei.” Clark si chinò in avanti fissando il pavimento. Appariva al tempo stesso esausto e triste, un mix che sembrava aver avuto infine la meglio su di lui.

“Per ora la lasceremo in pace” disse Mackenzie. “Se non le dispiace, ci può dire in quale albergo alloggia la signora Lynch?”

“Certo” disse riprendendo il cellulare. “Un momento.”

Mentre recuperava il recapito, Mackenzie si voltò a guardare Ellington. Come sempre, Ellington era sull’attenti, intento a osservare la stanza per essere sicuro di non lasciarsi sfuggire qualcosa di ovvio. Mackenzie si accorse anche nel frattempo giocherellava con la fede nunziale, rigirandosela lentamente intorno al dito.

Riportò la propria attenzione su Clark Manners. Era quasi certa che lo avrebbero interrogato di nuovo, probabilmente molto presto. Il fatto che stesse ossessivamente pulendo l’appartamento dopo la morte della ragazza aveva senso da un punto di vista psicologico, ma poteva anche essere interpretato come un tentativo di cancellare delle prove.

Tuttavia, Mackenzie aveva già visto persone distrutte dal dolore per la perdita di una persona cara e l’istinto le diceva che con tutta probabilità Clark era innocente. Nessuno sarebbe stato in grado di simulare il suo dolore e l’incapacità di dormire. Avrebbero però dovuto parlare anche con i suoi amici, prima o poi.

Clark passò il cellulare a Mackenzie, che si annotò le informazioni per contattare la signora Lynch. Scrisse anche i nomi e i numeri di telefono degli amici di Clark che erano stati a casa sua la notte dell’omicidio di Christine. Mackenzie si accorse che anche lei stava giocherellando con la fede. Ellington, che l’aveva notata, riuscì a rivolgerle un breve sorriso, nonostante le circostanze. Quando prese il telefono da Clark, smise di toccare l’anello.


***

Margaret Lynch era l’esatto opposto di Clark Manners. Appariva calma e controllata, e accolse Mackenzie ed Ellington nell’atrio dell’hotel Radisson con un sorriso. Tuttavia mostrò il primo segno di debolezza quando li accompagnò su un divanetto nel retro della hall.

“Se mi metto a piangere, preferirei non farlo davanti a tutti” dichiarò accomodandosi sul divano, quasi fosse certa che darebbe successo esattamente così.

“Vorrei iniziare domandandole quanto conosce Clark Manners” esordì Mackenzie.

“Ecco, ho parlato con lui per la prima volta due giorni fa, dopo che è successo tutto questo. Ma Christine mi aveva parlato di lui al telefono in un paio di occasioni. Era molto presa da lui, credo.”

“Ha dei sospetti?”

“No. Naturalmente non conosco il ragazzo di persona, ma stando a quello che mi diceva Christine, non credo sia stato lui.”

Mackenzie si accorse che la signora Lynch faceva di tutto per evitare parole come uccisa o assassinata. Immaginò che il motivo per cui quella donna riuscisse a mantenere il controllo fosse che era riuscita a distanziarsi dalla situazione. A facilitare il tutto, probabilmente, c’era anche il fatto che madre e figlia vivevano in stati diversi da qualche tempo, ormai.

“Cosa ci può dire della vita di Christine qui a Baltimora?” proseguì Mackenzie.

“Dunque, aveva iniziato il college a San Francisco. Voleva diventare avvocato, ma la scuola e gli indirizzi di studio… non facevano per lei. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata sul fatto che avesse intenzione di fare domanda alla Queen Nash University. Una lunga chiacchierata. Suo padre morì che lei aveva undici anni, e da allora siamo sempre state sole, io e lei. Niente zii e zie. La nostra è sempre stata una piccola famiglia. Ha ancora la nonna, ma soffre di demenza e si trova in una struttura vicino a Sacramento. Non so se lo sapete già, ma Christine sarà cremata qui a Baltimora. Non ha senso farla portare fino in California per fare la stessa cosa. Non abbiamo particolari legami con la zona, inoltre le piaceva molto stare qui, perciò…”

Questa povera donna rimarrГ  completamente sola, pensГІ Mackenzie. Era sempre consapevole di cose del genere quando interrogava le persone, ma quel pensiero sembrГІ investirla con il peso di un macigno.

“Ad ogni modo, fu ammessa e nel giro di un semestre aveva deciso che le piaceva un sacco. Lo diceva sempre in tono di scuse, preoccupata che la sua anziana madre dovesse vivere da sola senza di lei. Si teneva in contatto con me, chiamandomi un paio di volte a settimana. Mi raccontava delle lezioni e anche, come dicevo prima, di Clark.”

“Cosa raccontava di lui?” volle saper Ellington.

“Solo che era un tipo carino e molto spiritoso. A volte mi diceva che poteva essere un po’ noioso e che aveva la tendenza ad alzare un po’ il gomito quando era in compagnia,”

“Ma niente di negativo?”

“Non che riesca a ricordare.”

“Perdoni la domanda” disse Mackenzie, “ma sa se loro due avessero un rapporto esclusivo? Quello che intendo è, crede fosse possibile che Christine frequentasse qualcun altro allo stesso tempo?”

La signor Lynch ci riflettГ© per un momento. Non sembrava offesa per quella domanda; rimase calma come quando li aveva accolti nella hall. Mackenzie si domandГІ quanto tempo sarebbe passato prima che la poveretta infine cedesse.

“Non mi ha mai accennato ad altri pretendenti” disse la signora Lynch. “E credo di sapere perché me l’ha chiesto. Mi è stata descritta la scena del ritrovamento… incluso il fatto che fosse seminuda. Io avevo semplicemente immaginato…”

Si interruppe prendendosi qualche secondo per ricomporsi. Quello che stava per dire aveva risvegliato le emozioni dentro di lei, ma riuscì a reprimerle prima di farsi sopraffare. Quando riprese a parlare, il suo volto pareva di pietra.

“Avevo semplicemente immaginato che si trattasse di uno stupro finito male. Che forse l’uomo per qualche motivo fosse troppo nervoso e non sia riuscito a portare a termine il piano. Ma immagino che esista anche la possibilità che ci fosse un altro uomo nella sua vita. Se era così, io semplicemente non ne ero a conoscenza.”

Mackenzie annuì. Anche lei aveva pensato al tentato stupro, ma il modo in cui la maglia sembrava essere stata gettata sul pavimento e il fatto che Christine ci fosse sdraiata sopra… la cosa non quadrava con quella possibilità.

“Bene, signora Lynch, non vogliamo disturbarla più dello stretto necessario” disse Mackenzie. “Per quanto tempo ha intenzione di restare in città?”

“Ancora non lo so. Forse un giorno o due dopo il funerale.” Alla parola funerale, la voce le si incrinò appena.

Ellington le porse un biglietto da visita, alzandosi dal divanetto. “Se per caso le viene in mente qualcosa, o se sente qualcosa durante il funerale, la prego di farcelo sapere.”

“Naturalmente. Grazie di occuparvi del caso.” la signora Lynch aveva un’aria sconsolata mentre Mackenzie ed Ellington si allontanavano. Ci credo bene, pensò Mackenzie. È sola in una città che non conosce e deve occuparsi della figlia deceduta.

La signora Lynch li seguì con lo sguardo, salutandoli con la mano. Una volta in macchina, Mackenzie realizzò per la prima volta di avere gli ormoni impazziti per via della gravidanza. Provava una profonda compassione per la signora Lynch, ed era quasi sicura che non sarebbe stata così intensa se non avesse saputo di aspettare un bambino. Mettere al mondo una vita, farla crescere solo per vedersela strappare via in modo così brutale… doveva essere straziante. Mackenzie si sentiva angustiata per la signora Lynch, mentre lei ed Ellington si immettevano nel traffico.

All’improvviso, Mackenzie fu invasa da un’ondata di determinazione. Aveva sempre avuto la passione per raddrizzare i torti – per consegnare assassini e uomini e donne malvagi alla giustizia. Che fossero gli ormoni oppure no, si ripromise che avrebbe trovato l’assassino di Christine Lynch, se non altro almeno per offrire un senso di chiusura a Margaret Lynch.




CAPITOLO SEI


Il primo nome sulla lista di amici fornita da Clark Manners era un certo Marcus Early. Quando provarono a contattarlo, partì la segreteria telefonica. Allora tentarono con il secondo nome sulla lista, Bethany Diaggo, e la ragazza accettò di incontrarli subito.

La raggiunsero sul suo luogo di lavoro, uno studio legale dove stava praticando il tirocinio come previsto dal suo piano di studi alla Queen Nash. Poiché l’ora di pranzo era vicina, Bethany semplicemente uscì mezz’ora prima e si incontrò con loro in una delle piccole sale riunioni sul retro dell’edificio.

“Ci è stato riferito che la notte in cui Christine è stata uccisa si trovava all’appartamento di Clark Manners.” esordì Mackenzie. “Cosa ci può raccontare di quella sera?”

“Ci eravamo trovati solo per divertirci un po’. Abbiamo bevuto, forse un po’ troppo, abbiamo giocato a carte, guardato le repliche di The Office e basta, direi.”

“Perciò non ci sono stati litigi?” volle sapere Mackenzie.

“No. Però ho notato che Christine aveva iniziato ad arrabbiarsi con Clark. A volte, quando beve tende a esagerare. Christine non ha detto niente quella sera, ma si capiva che si stava irritando.”

“Sa se questo ha mai causato problemi tra loro in passato?”

“Non che io sappia. Credo che Christine semplicemente se ne fosse fatta una ragione. Sono abbastanza sicura che pensasse che la loro storia non sarebbe durata per sempre.”

“Bethany, conosce una ragazza che si chiama Jo Haley? Ha più o meno la sua età, e anche lei era una studentessa alla Queen Nash.”

“Sì. Non la conoscevo bene come Christine, ma eravamo in rapporti amichevoli. Era raro che uscissimo insieme, però se ci incontravamo in un locale, di solito finivamo per sedere allo stesso tavolo per chiacchierare.”

“Deduco che sappia che anche lei è stata uccisa qualche giorno fa, giusto?” intervenne Ellington.

“Sì. Per una specie di crudele ironia della sorte, è stata proprio Christine a darmi la notizia.”

“Sa come l’aveva imparato?” chiese Mackenzie.

“Non ne ho idea. Credo che avessero alcune lezioni in comune. Oh, e avevano anche lo stesso consulente accademico.”

“Consulente accademico?” ripeté Ellington. “È un altro modo per dire referente scolastico?”

“Più o meno” disse Bethany.

“Ed è sicura che Jo e Christine avessero lo stesso consulente?” chiese Mackenzie.

“Così sosteneva Christine. Me l’ha detto quando mi ha riferito che Jo era stata uccisa. Ha detto che il fatto era fin troppo vicino a lei.” Bethany si interruppe, forse intuendo per la prima volta l’inquietante senso premonitore di quel commento.

“Per caso ha il nome di questo consulente?” chiese Mackenzie.

Bethany ci pensò un momento, poi scosse la testa. “No, mi dispiace. Me l’ha anche detto quando mi ha raccontato di Jo, ma non me lo ricordo.”

Non è un problema, pensò Mackenzie. Basterà una telefonata all’università per scoprire questa informazione.

“C’è altro che ci possa dire su Jo o su Christine?” proseguì Mackenzie. “Qualunque dettaglio che possa aver dato a qualcuno il pretesto per volerle morte?”

“No, nessuno. Tutto questo non ha senso. Christine era molto concentrata sugli studi e si teneva lontana dai guai. Pensava solo alla scuola e ad iniziare subito una carriera lavorativa. Jo invece non la conoscevo abbastanza da poter dire qualcosa in merito.”

“Ho capito, grazie per il suo tempo” disse Mackenzie.

Mentre uscivano dall’ufficio e Bethany si preparava ad andarsene, Mackenzie tentò di immaginare le due ragazze uccise nella stessa aula, oppure incrociarsi nei corridoi dell’università. Magari si vedevano mentre una usciva dall’ufficio del consulente scolastico mentre l’altra entrava. Quell’idea era un po’ inquietante, ma Mackenzie sapeva fin troppo bene che cose del genere accadevano spesso quando c’era più di una vittima.

“Gli uffici universitari sono ancora chiusi per ferie” le fece notare Ellington mentre risalivano in auto. “Sicuramente riapriranno domani.”

“Sì, ma immagino anche che sul sito dell’università ci sia l’elenco del personale. A giudicare dai libri a casa di Christine, credo si possa presumere che il suo indirizzo di studi sia Scienze Politiche. Questo restringe il campo di ricerca.”

Prima ancora che Ellington avesse il tempo di dirle che era un’ottima idea, Mackenzie aveva già il cellulare in mano. Aprì il browser e andò al sito dell’università. Riuscì a trovare la sezione dei docenti, ma come immaginava i nomi non erano corredati di numeri di telefono personali; gli unici contatti rimandavano agli uffici dei referenti. Tuttavia, individuò i due consulenti che erano assegnati nello specifico al dipartimento di Scienze Politiche e lasciò un messaggio ciascuno, chiedendo di essere ricontattata non appena avessero sentito il messaggio.

Una volta fatto ciò, aprì la rubrica dei suoi contatti.

“E adesso che fai?” chiese Ellington.

“Ce ne sono solo due di consulenti. Vale la pena provare a ottenere qualche informazione sul loro passato, per vedere se c’è qualche segnale di pericolo.”

Ellington annuì, sorridendo al suo modo rapido di ragionare. Rimase in ascolto mentre lei faceva la telefonata. Mackenzie poteva sentire il suo sguardo posarsi su di sé di tanto in tanto, quasi con fare protettivo.

“Come ti senti?” le domandò poi.

Sapeva quello che intendeva, che non c’entrava con il caso ma stava chiedendo del bambino. Si strinse nelle spalle, non vedendo che senso avesse mentirgli. “Tutti i libri dicono che presto le nausee dovrebbero finire, ma io non ci credo. Anche oggi ho avuto un paio di episodi e, a dirla tutta, sono davvero stanca.”

“Allora forse dovresti tornare a casa” suggerì lui. “Detesto sembrare il marito autoritario, ma… ecco, preferirei evitare che tu o il bambino vi facciate male.”

“Lo so. Ma qui si tratta di una serie di omicidi in un campus universitario. Dubito che la situazione possa farsi pericolosa. Probabilmente è solo un ragazzo col testosterone alle stelle che riesce a spassarsela solo uccidendo le ragazze.”

“D’accordo, hai ragione” concesse Ellington. “Ma prometti di essere sincera con me e dirmi se inizi a sentirti debole o strana?”

“Te lo prometto.”

Ellington la guardГІ con sospetto ma allo stesso tempo con aria scherzosa, come se non fosse sicuro di potersi fidare di lei. Poi le prese la mano mentre guidava verso il centro della cittГ  per trovare un hotel per la notte.


***

Avevano a malapena avuto il tempo di sistemarsi nella stanza che il cellulare di Mackenzie squillò. Nonostante non conoscesse il numero, rispose subito. Nella sua mente aveva viva la richiesta di McGrath di fare presto, e le pareva di sentire l’orologio ticchettare. Aveva la sensazione che, se il caso non fosse stato risolto entro la ripresa delle lezioni la settimana successiva – anzi, mancavano cinque giorni – sarebbe stato molto più difficile portare avanti le indagini con il campus invaso di studenti.

“Pronto, qui agente White” disse al telefono.

“Agente White, sono Charles McMahon, consulente accademico alla Queen Nash University. Ho sentito il suo messaggio, così l’ho richiamata.”

“Ottimo, grazie per la celerità. Si trova all’università in questo momento?”

“No. Dato che ho molto lavoro, ho fatto deviare tutte le chiamate dal mio ufficio al mio cellulare.”

“Capisco. Bene, mi chiedevo se potesse rispondere a qualche domanda a proposito di un recente omicidio.”

“Immagino si riferisca a Jo Haley?”

“In realtà no. Si è verificato un altro omicidio, due giorni fa. La vittima è un’altra studentessa della Queen Nash. Una ragazza di nome Christine Lynch.”

“È terribile” disse con voce sinceramente scioccata. “Si tratta… insomma, due vittime in così poco tempo… crede che si tratti di un serial killer?”

“Ancora non lo sappiamo” disse Mackenzie. “Speravamo che potesse aiutarci con qualche pezzo mancante del puzzle. Ho visto sul sito dell’università che ci sono solo due consulenti assegnati al dipartimento di Scienze Politiche, e lei è uno dei due. Inoltre, so che Jo Haley e Christine Lynch avevano lo stesso consulente. Per caso si tratta di lei?”

McMahon fece una risatina nervosa. “No. E questo è uno dei motivi per cui ho così tanto lavoro in questo momento. L’altro consulente accademico del dipartimento, William Holland, si è licenziato tre giorni prima delle vacanze invernali. La maggior parte dei suoi studenti è passata a me… e probabilmente sarà così fino a che non sarà assunto qualcun’altro al suo posto. Ho un assistente che mi dà una mano, ma sono davvero sommerso di lavoro.”

“Per caso sa il motivo per cui Holland ha lasciato il posto?”

“Ecco, giravano voci che avesse una relazione con una studentessa. Per quel che ne so, non c’erano prove, così pensavo che fosse solo una diceria. Poi però si è licenziato all’improvviso, e questo mi dà da pensare.”

GiГ , anche a me, gli fece mentalmente eco Mackenzie.

“Per quel che ne sa, ha mai fatto altro che possa essere considerato ambiguo? Oppure questa notizia su di lui l’ha sorpresa?”

“Non posso darle una risposta certa. Insomma… lo conoscevo solamente perché lavoravamo insieme. Al di fuori del lavoro, però, non sapevo granché su di lui.”

“Perciò immagino che non abbia idea di dove abiti?”

“No, mi dispiace.”

“Già che ci siamo… signor McMahon, quando è stata l’ultima volta che ha parlato con Jo o con Christine?”

“Mai. Mi sono state entrambe assegnate insieme agli altri studenti di Holland, ma l’unica volta che le ho contattate è stato tramite un’e-mail di massa che ho inviato a tutti gli studenti per informarli.” Dopo una pausa, aggiunse: “Senta, visto quello che è successo, probabilmente riuscirei a farvi avere l’indirizzo di Holland. Devo solo fare un paio di telefonate.”

“Grazie, apprezzo il suo aiuto, ma non ce ne sarà bisogno. Anche io posso risalire a quell’informazione. Grazie per il suo tempo.”

Detto ciГІ, riattaccГІ. Ellington, seduto sul bordo del letto con ai piedi una sola scarpa, era rimasto in ascolto per tutta la conversazione.

“Chi è Holland?” chiese.

“William Holland.” Mackenzie lo aggiornò su quello che aveva appreso da McMahon. Anche lei si sedette sul letto e solo in quel momento si accorse di quanto fosse stanca.

“Ci penso io a chiedere il suo indirizzo” si offrì Ellington. “Se lavorava al campus, è probabile che viva nelle vicinanze.”

“Se è lui il nostro uomo, il mio messaggio sulla sua segreteria lo avrà probabilmente messo in allarme.”

“Allora dobbiamo agire in fretta.”

Mackenzie annuì e si accorse di essersi di nuovo posata la mano sul ventre. Adesso era quasi un’abitudine, come mangiucchiarsi le unghie o scrocchiarsi le dita.

C’è una vita, qui dentro, pensò. E se i libri hanno ragione, quella vita sta provando le mie stesse emozioni. La mia angoscia, la mia felicità, le mie paure…

Mentre ascoltava Ellington fare richiesta per ottenere l’indirizzo di William Holland, Mackenzie si domandò per la prima volta se avesse sbagliato a non dire a McGrath del bambino. Forse stava correndo un grosso rischio continuando a fare l’agente operativo.

Quando il caso sarà finito, glielo dirò, si ripromise. Mi concentrerò sul bambino e sulla mia nuova vita, e…

A quanto pareva si era persa nei suoi pensieri, perchГ© Ellington la fissava come se aspettasse una sua risposta.

“Scusa, pensavo ad altro.”

Lui sorrise e disse. “Non fa niente. Ho l’indirizzo di William Holland. Abita qui in città, nel quartiere di Northwood. Te la senti di andare a fargli visita?”

In realtà non se la sentiva. La giornata non era stata eccessivamente estenuante, ma col fatto che era stata proiettata in un’indagine direttamente dal viaggio in Islanda e che non aveva dormito granché nelle ultime trentasei ore, la stanchezza si faceva sentire. Inoltre, sapeva che il bambino dentro di lei si nutriva delle sue energie, e quel pensiero la fece sorridere.

Ad ogni modo, se anche avessero dovuto interrogare questo tizio e prenderlo in custodia, probabilmente non ci sarebbe voluto molto. Così fece del suo meglio per avere un’espressione da dura e si alzò.

“Certo, andiamo a trovarlo.”

Ellington si mise davanti a lei, fissandola negli occhi. “Sicura? Mi sembri stanca. E meno di mezz’ora fa l’hai detto tu stessa.”

“Non ti preoccupare. Ce la faccio.”

Ellington la baciò in fronte e annuì. “Allora d’accordo, ti credo sulla parola.” Con un altro sorriso, allungò una mano ad accarezzarle la pancia, prima di andare verso la porta.

Si preoccupa per me, pensò. Ed è incredibile quanto già ami questo bambino. Sarà davvero un bravo papà…

Prima ancora di finire quel pensiero, erano giГ  fuori dalla porta, diretti alla macchina. Agivano con tale velocitГ  e determinazione che Mackenzie si ricordГІ che non avrebbe avuto tempo di pensare al loro futuro insieme, almeno finchГ© il caso non fosse risolto.




CAPITOLO SETTE


Erano da poco passate le sette di sera quando Ellington parcheggiò davanti alla casa di William Holland. Si trattava di un piccolo edificio nascosto ai margini di un bel quartiere, di quelli che sembravano più un cottage fuori posto che una casa. Nel vialetto asfaltato c’era una sola macchina, e le luci in casa erano accese.

Ellington bussГІ alla porta con fare risoluto. Non si stava comportando sgarbatamente, semplicemente stava facendo capire a Mackenzie che, poichГ© si preoccupava per la sua salute, durante le indagini avrebbe condotto lui i giochi, che si trattasse di guidare, bussare alla porta o altro.

Ad aprire la porta fu un uomo dall’aspetto curato che sembrava avere tra i quarantacinque e i cinquant’anni. Indossava un paio di occhiali alla moda, un blazer e dei pantaloni kaki. A giudicare dalle zaffate che provenivano dalla porta alle sue spalle, doveva aver ordinato del cibo cinese da asporto.

“William Holland?” domandò Ellington.

“Esatto. E voi chi siete?”

Mackenzie fece un passo avanti ed entrambi mostrarono il distintivo contemporaneamente. “Agenti White ed Ellington, FBI. Ci è stato riferito che di recente ha abbandonato il suo ruolo alla Queen Nash.”

“È vero” disse Holland un po’ incerto. “Ma sono confuso. Perché questo dovrebbe provocare una visita dell’FBI?”

“Possiamo entrare, signor Holland?” chiese Ellington.

Holland rifletté un momento, poi acconsentì. “Sì, certo, entrate, ma non… insomma, che succede?”

Entrarono in casa senza rispondere. Quando Holland chiuse l’uscio alle loro spalle, Mackenzie notò che l’aveva fatto lentamente ma con decisione. Forse era nervoso, oppure spaventato – o ancora, cosa più probabile, entrambe le cose.

“Siamo qui in città per indagare su due omicidi” rispose infine Ellington. “Entrambe le vittime erano studentesse della Queen Nash e, a quanto abbiamo scoperto oggi, entrambe erano seguite proprio da lei.”

Erano entrati nel soggiorno e Holland non perse tempo e si lasciГІ cadere su una poltroncina. Li fissava come se davvero non capisse quello che gli era appena stato detto.

“Un attimo… ha detto due?”

“Esatto” intervenne Mackenzie. “Non lo sapeva?”

“Sapevo di Jo Haley. E l’unica ragione per cui l’ho imparato è perché il rettore ci informa nel caso uno studente muoia. Chi è l’altra ragazza?”

“Christine Lynch” disse Mackenzie studiandolo in cerca di una qualche reazione. Sul suo viso si accese un barlume di riconoscimento, seppur debole. “Riconosce questo nome?”

“Sì, però non… non ricordo il suo viso. Sa com’è, avevo più di sessanta studenti.”

“Ecco un altro punto interessante” disse Ellington. “Il verbo avevo, al passato. Abbiamo saputo che si è licenziato poco prima delle vacanze invernali. Questo ha forse qualcosa a che fare con le voci che avesse una relazione con una studentessa?”

“Oh, Gesù” esclamò Holland. Si accasciò allo schienale della poltrona e si sfilò gli occhiali, massaggiandosi gli occhi e sospirando. “Sì, è vero, sto frequentando una studentessa della Queen Nash. Sapevo che avevano iniziato a circolare voci su noi due e, prima che questo danneggiasse la mia carriera lavorativa o la sua carriera scolastica, mi sono licenziato.”

“Così, semplicemente?” domandò Mackenzie.

“No, non semplicemente” scattò Holland. “Erano mesi che ci vedevamo in segreto e io ne sono innamorato. Anche lei di me. Ne abbiamo discusso a lungo, tentando di decidere il da farsi. Solo che, nel frattempo, la nostra storia stava diventando di dominio pubblico, così non abbiamo avuto scelta. Ad ogni modo… cosa c’entra tutto questo con gli omicidi?”

“Niente, si spera” disse Ellington. “Ma si sforzi di vederla dal nostro punto di vista, per un istante. Abbiamo due studentesse uccise e l’unico solido collegamento tra le due è che avevano lo stesso consulente accademico, cioè lei. Se aggiunge che ha una relazione con una studentessa…”

“Perciò credete che io sia un sospetto? Che abbia ucciso io quelle ragazze?”

Mettere in parole quel pensiero sembrГІ provocargli la nausea. Si rimise gli occhiali sul naso e si tirГІ su a sedere, chinandosi in avanti.

“Non sappiamo ancora cosa pensare” disse Mackenzie. “Per questo siamo venuti a parlarle.”

“Signor Holland” riprese Ellington, “ha detto di non ricordare il viso di Christine Lynch. E cosa ci dice di Jo Haley?”

“Lei sì… a dire il vero, la conoscevo piuttosto bene. Era un’amica della ragazza che sto frequentando.”

“Quindi Jo Haley sapeva della vostra relazione?”

“Non saprei. Non credo che Melissa – la mia ragazza – glielo abbia detto. Abbiamo fatto di tutto per mantenere il segreto.”

Mackenzie si prese un momento per riflettere. Il fatto che la sua ragazza conoscesse una delle vittime – e che la vittima forse sapesse di quella relazione proibita – sicuramente non faceva che mettere Holland ancora più in cattiva luce. Mackenzie si chiese come mai avesse rivelato loro tutto questo di sua spontanea volontà e senza alcuna reticenza.

“Scusi se glielo chiedo” disse Mackenzie, “ma la sua ragazza, Melissa, è la prima studentessa con la quale ha mai avuto una relazione?”

Il volto di Holland si contrasse in un’espressione frustrata e all’improvviso scattò in piedi. “Ehi, �fanculo! Non potete…”

“Torni immediatamente a sedersi” intimò Ellington piazzandosi davanti a lui.

Holland parve accorgersi del proprio errore, e la sua espressione oscillava tra la rabbia e il pentimento, come se non sapesse bene cosa provare.

“Sentite, mi dispiace. Il fatto è che sono arcistufo di sentirmi giudicato per questo e non mi va di essere accusato di farmela con tutte le studentesse solo perché ho una storia con una di loro, che, tra parentesi, è maggiorenne.”

“Quanti anni ha, signor Holland?” volle sapere Mackenzie.

“Quarantacinque.”

“E Melissa?”

“Ventuno.”

“È mai stato sposato?” chiese Ellington, facendo un passo indietro e rilassando la propria postura.

“Una volta. È durata otto anni e, se proprio volete saperlo, è stato terribile.”

“Come mai il matrimonio è finito?”

Holland scosse il capo e raggiunse il piccolo disimpegno che separava il soggiorno dall’ingresso. “Direi che questa conversazione è terminata. A meno che non abbiate intenzione di accusarmi di qualcosa, potete sparire da qui. Sono sicuro che ci saranno altre persone al campus che potranno rispondere alle vostre domande.”

Mackenzie si avviò lentamente verso l’uscita, seguita da Ellington. Si voltò verso di lui, perché il suo istinto le diceva che c’era qualcos’altro.

“Signor Holland, lei capisce che rifiutandosi di collaborare non fa che peggiorare la propria situazione, vero?”

“Non fa che peggiorare da un mese a questa parte.”

“Dove si trova Melissa, al momento?” volle sapere Ellington. “Vorremmo parlare anche con lei.”

“Lei…” Holland si interruppe, scuotendo di nuovo la testa. “Anche lei è stata trascinata nel fango. Non voglio che la disturbiate per questo.”

“In altre parole” disse Ellington, “non ha intenzione di rispondere ad altre domande e si rifiuta di dirci dove si trova la prossima persona con cui dobbiamo parlare. È corretto?”

“Assolutamente sì.”

Mackenzie aveva intuito che Ellington si stava spazientendo. Aveva notato la tensione nelle sue spalle e la postura piГ№ rigida. AllungГІ una mano e gli accarezzГІ il braccio, per calmarlo.

“Lo terremo presente” disse Mackenzie. “Se avremo nuovamente bisogno di parlare con lei riguardo il caso e non la troveremo in casa, la considereremo a tutti gli effetti un sospettato e la arresteremo. Ha capito?”

“Sicuro” replicò Holland.

Li fece avanzare verso l’ingresso e aprì la porta. Nell’istante in cui varcarono la soglia e furono sul portico, Holland sbatté l’uscio.

Mackenzie si avviò verso le scale del portico, ma Ellington era immobile. “Non credi che dovremmo insistere?”

“Forse. Però non credo che se fosse colpevole ci avrebbe rivelato tanti particolari di sua spontanea volontà. Inoltre… conosciamo il nome della sua fidanzata. Se necessario, non dovremmo avere problemi a scoprire anche il suo cognome. Invece, l’ultima cosa che ci serve è arrestare un consulente accademico che si trova già in una situazione precaria ed è al centro dei pettegolezzi.”

Ellington sorrise e la raggiunse alle scale. “Visto? Sono cose come questa che faranno di te una moglie magnifica. Mi impedisci sempre di fare qualche stupidaggine.”

“Immagino di poter dire che ho fatto parecchia esperienza negli ultimi anni.”

Salirono in macchina e, una volta seduta, Mackenzie si ricordò di quanto fosse stanca. Non lo avrebbe mai ammesso con Ellington, ma forse avrebbe davvero dovuto rallentare un po’.

Aspetta solo un giorno o due, piccolo, pensГІ rivolgendosi alla creatura che cresceva dentro di lei. Ancora qualche giorno, poi io e te potremo riposarci finchГ© vogliamo.




CAPITOLO OTTO


Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma era difficile resistere. Inoltre… era il modo ideale di dare il via al nuovo semestre che era alle porte. Un’ultima avventura. Un’ultima notte di assoluta pazzia. E, se le cose fossero andate come al solito, se ne sarebbe andata sentendosi più potente – così potente da accantonare facilmente i brevi sprazzi di rimorso.

Sarebbe stato un ottimo modo per iniziare il semestre.

Marie non aveva nemmeno cercato di convincersi a non farlo. Nel momento in cui aveva fermato la macchina nel parcheggio, sapeva che sarebbe finita lì quella notte. Tutto ciò che doveva fare era chiamarlo per dirgli che era tornata in città e voleva vederlo. Non l’aveva mai respinta finora e dubitava che l’avrebbe fatto adesso, dopo tre settimane che non si vedevano.

E infatti ebbe ragione.

Erano le 23:05 quando raggiunse a piedi il retro dell’edificio. Era una zona poco raccomandabile della città, ma non così malfamata da far sentire Marie in pericolo a camminare per le strade da sola. Inoltre, era a soli dodici chilometri dal campus e sapeva che il tasso di criminalità lì intorno era davvero basso. Ad ogni modo, era così eccitata per quello che l’aspettava nelle ore successive, che il suo senso del pericolo era come disattivato.

Quando raggiunse il portone sul retro dell’edificio, Marie non si stupì di trovarlo chiuso. Suonò il campanello dell’appartamento e subito sentì la serratura che veniva sbloccata. Non aveva risposto al citofono, si era limitato ad aprire. Questo la fece sorridere; probabilmente era di umore molto serio quella sera. Forse persino dominante.

Che carino, pensò. Ma sappiamo chi è tra noi due che finisce sempre per dominare…

Quel pensiero aumentò ancora di più la sua aspettativa, mentre entrava. Non volendo aspettare un istante di più, lasciò perdere l’ascensore e si fiondò su per le scale. Faceva due gradini alla volta, il cuore che le batteva forte sia per lo sforzo fisico sia anticipando quello che la aspettava. Tutte quelle ore di attesa, a partire dal suo viaggio da New York per raggiungere il suo appartamento, erano deliziosi preliminari.

Il viaggio era stato lungo. Era stressata. Tesa. Cavolo, l’avrebbe cavalcato per bene… l’avrebbe cavalcato sul pavimento…

Giunta alla porta dell’appartamento, la trovò aperta. Vide che le luci erano spente, ma da dentro casa proveniva un tenue bagliore, probabilmente di qualche candela.

“Che stai facendo?” chiese con voce suadente. Si chiuse l’uscio alle spalle e chiuse a chiave.

“Ti aspettavo” giunse la voce di lui in risposta.

“Bene, ma… non puoi avermi se non mi dici cos’è che vuoi esattamente.”

Lo sentì ridacchiare nel buio. Quando i suoi occhi si furono adattati alla penombra, riuscì a distinguere la sua sagoma nel soggiorno, sdraiato sul divano. Marie sorrise e andò da lui.

L’appartamento odorava di polvere e abbandono – essenzialmente perché era esattamente così. Sapeva che viveva in una casa migliore, ma sapeva anche che non la voleva lì. Preferiva tenere separata la propria vita privata. Da quanto aveva capito su di lui, passava ben poco tempo a casa. L’aveva vista solo da fuori, mentre solitamente si incontravano in quell’appartamento o, in un paio di occasioni, sul sedile posteriore della macchina di lui, o in albergo. Marie capiva il suo bisogno di privacy, ma avrebbe voluto rotolarsi con lui in un grande letto matrimoniale per una volta, magari con la musica e le luci giuste.

Tuttavia, anche fare tutto di nascosto era sexy. Aveva il suo fascino. Ecco perchГ© adesso faticava a trattenersi dal saltargli addosso.

Ma la loro tresca si basava sempre sull’attesa. Si stuzzicavano, a volte c’erano preliminari violenti, altre volte addirittura giocavano a insultarsi.

“Vieni da me, Marie.”

Marie raggiunse il divano e vide che era ancora completamente vestito. Andava bene anche così, avrebbe semplicemente prolungato i preliminari.

“Che cosa dolce” disse Marie, mettendosi in ginocchio davanti a lui. Lo baciò dolcemente, accarezzandogli le labbra con la lingua, perché sapeva che gli piaceva.

“Che cosa è dolce?” volle sapere.

“Il fatto che credi di avere tu il controllo.”

“Ah, ma è così” rispose lui, alzandosi.

“Te lo lascerò credere per un po’” disse Marie mordicchiandogli il collo. Lui si spostò e Marie sentì le sue mani su di sé – una sulla schiena, l’altra dietro la nuca. “Ma sappiamo tutti e due qual è la veri…”

Senza preavviso, lui la afferrГІ per i capelli e le tirГІ la testa in avanti con violenza, facendole sbattere la fronte contro il ginocchio.

“Ma che…”

Prima che riuscisse a formulare la domanda, lui le fu addosso, premendole con tutto il peso sulla schiena. La testa le girava per il colpo, e per un momento Marì non capì dove fosse.

ProvГІ a spingere con le mani a terra per divincolarsi, ma lui le afferrГІ di nuovo i lunghi capelli biondi e stavolta le sbattГ© la testa sul pavimento. Marie cercГІ di resistere, ma il mondo prese a vorticarle intorno e un dolore lancinante si irradiГІ nella sua testa.

Da quello che le sembrava un luogo lontano, era vagamente cosciente di lui che le sfilava i pantaloni. Poi tutto diventò nero per un momento, e Marie rinvenne solo perché sentì la sua bocca vagarle famelica sul corpo.

Non aveva senso. Si lasciava sempre fare di tutto e, in cambio, gli faceva tutto quello che voleva, quindi perché…?

Anche quel pensiero fu interrotto dall’oscurità che andava e veniva. Solo che stavolta durò molto più a lungo.


***

Era stato molto più impegnativo di quanto pensava, ma riuscì infine a rilassarsi verso le due di notte. La parte più difficile era stato farle perdere conoscenza. Semplicemente, non sapeva di esserne capace. Strozzare qualcuno era una cosa; era solo questione di convincersi a farlo, poi fare pressione con le mani sul collo. Ma sbattere la testa di Marie per terra aveva richiesto più grinta di quello che si era aspettato.

Una volta che Marie era svenuta, il resto era stato laborioso ma piacevole. Mentre procedeva, aveva iniziato a sentirsi piГ№ a suo agio con la decisione che aveva preso.

Jo Haley e Christine Lynch le aveva uccise e basta. Era andato a letto con Jo, ed era stato fantastico; poi l’aveva strangolata quando avevano iniziato il secondo round. Forse era stata colpa del sesso, ma aveva quasi cambiato idea, l’aveva quasi risparmiata. Aveva imparato la lezione e con Christine aveva saltato la parte del sesso. Quando il suo corpo era stato trovato e aveva visto il servizio al telegiornale, era stato come una rivelazione. Gli aveva fatto rivedere il suo modo di operare… non poteva ucciderle e basta.

Quelle che sarebbero venute dopo Christine, quelle che dovevano essere messe a tacere. Ce ne sarebbero state altre, inclusa Marie. E se non poteva ucciderle e lasciarle lì dov’erano morte, questo significava che avrebbe dovuto escogitare qualcos’altro. Avrebbe dovuto agire con più discrezione, più prudenza.

Osservò il suo lavoro e pensò che poteva cavarsela benissimo. Era davanti all’armadio per soprabiti nel corridoio. Dentro c’era Marie, completamente nuda e appesa per i polsi alla sbarra orizzontale dell’armadio. Sulla bocca le aveva messo tre pezzi di nastro adesivo rinforzato. Trovava quella posa stranamente seducente e si pentì di non essere andato a letto con lei un’ultima volta.

Restò lì in piedi ad osservarla e godersi la sensazione di potere per quasi un quarto d’ora, prima che Marie iniziasse a muoversi. Emise un gemito e quando provò a muovere le braccia, si accorse che erano immobilizzate. Questo parve svegliarla del tutto e si alzò in piedi guardandosi intorno febbrilmente. Le faceva male la testa, era nuda, imbavagliata e legata ad una barra di ferro in un armadio; l’uomo con il quale andava a letto regolarmente da due mesi la fissava con malizia.

Tentò di parlare attraverso il nastro adesivo, e dal tono aveva probabilmente chiesto: “Perché?”

Poi non riuscì a dire più nulla, quando si rese conto della gravità della situazione.

Lui si avvicinò e le prese il mento con una mano. Marie cercò di ritrarsi, ma i polsi legati le impedivano ampi movimenti. Lentamente, lui la accarezzò sul collo, sul seno sinistro, per poi scendere verso l’interno coscia. Per la prima volta da quando avevano iniziato ad andare a letto insieme, Marie chiuse con forza le cosce quando lui iniziò ad esplorarla.

Le rise in faccia e Marie tentГІ di gridare, ma attraverso il nastro adesivo sembrava il suono di un aspirapolvere lontano. Aveva fatto un ottimo lavoro a tapparle la bocca.

“È inutile” disse lui. Si sforzò di ignorare le richieste del proprio corpo e l’eccitazione che gli solleticava ogni nervo. Aveva alcune cose importanti da dire e da decidere.

Marie gemette piano.

“Io e te dobbiamo parlare di alcune cosette” disse, quindi le mostrò la pistola che aveva tenuto nascosta dietro la schiena. L’aveva comprata due anni prima, ma non l’aveva mai usata. E, sinceramente, non aveva nessuna intenzione di usarla adesso.

Ma, naturalmente, Marie non poteva saperlo.

“Se provi a gridare aiuto, ti uccido.” Avanzò di nuovo, appoggiando la sua guancia a quella di Marie. Con la mano libera, la prese per un fianco e la fece avvicinare, poi le puntò la canna della pistola allo stomaco. “Mi credi?”

Marie annuì freneticamente. Aveva lo sguardo confuso e ferito, e gli occhi le si velarono di lacrime.

Per un momento, pensГІ che forse era meglio usare la pistola. Sarebbe indubbiamente stato molto piГ№ veloce.

No… farebbe troppo rumore. E poi mi perderei quel magnifico istante in cui la vita fugge via dai suoi occhi.

Si appoggiГІ contro la parete alle sue spalle, tenendo la pistola casualmente, come se fosse una tazza di caffГЁ.

Poi iniziò a parlare. Spiegò e fece le sue accuse, sforzandosi con tutto se stesso di non strangolarla in quel preciso istante. Riuscì a trattenersi dall’ucciderla persino quando le strappò il nastro adesivo dalla bocca, lasciandola parlare.

Ma le risposte che ottenne da lei e il modo in cui reagiva… molto presto l’avrebbe sicuramente strozzata. Mentre la legava nell’armadio, per un momento si era quasi convinto che avrebbe potuto lasciarla andare, se gli avesse detto quello che voleva sentire.

Ma era ridicolo. Lo avrebbe sicuramente denunciato, raccontando tutto quello che le aveva fatto.

Quindi anche lei sarebbe dovuta morire. Come le altre due.

Quando formulò quel pensiero, scoprì con piacere che, vittima dopo vittima, l’omicidio diventava un concetto sempre più facile da accettare.




CAPITOLO NOVE


Una volta tornati in albergo, Mackenzie concluse la giornata con un bagno caldo. Solitamente non amava usare la vasca da bagno negli alberghi, ma aveva i piedi e i polpacci indolenziti, e la testa le girava. Voleva godersi un po’ di relax. Se non fosse stata incinta di sedici settimane, si sarebbe anche concessa un paio di bicchieri di vino.

Continuava a rivivere mentalmente la loro visita a casa di William Holland. Il suo istinto le diceva che con ogni probabilità non c’entrava niente con gli omicidi e che gli elementi che si accumulavano contro di lui erano solo coincidenze. Sapeva anche che il fatto che non avesse voluto rivelare loro dove si trovasse la ragazza poteva anche significare solo che si era pentito dei sacrifici che aveva dovuto fare per portare avanti la loro relazione. Lasciare un lavoro abbastanza prestigioso solo per poter fare regolarmente sesso con una donna più giovane sembrava un gran sacrificio, anche se ne era innamorato.




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